ROMA — L’Italia attraversa un periodo di turbolenze politiche e sociali di rara intensità, cristallizzate dai recenti eventi del «No Meloni Day». Quello che doveva essere solo una serie di manifestazioni contro la politica del governo si è trasformato in un campo di battaglia, non solo nelle strade di Torino e Bologna, ma anche negli studi televisivi. L’ultimo episodio della trasmissione Dritto e Rovescio, condotta dal carismatico Paolo Del Debbio, ha offerto ai telespettatori una scena di violenza verbale inaudita, rivelando la frattura profonda che divide la penisola.

Al centro della tempesta: un’accusa gravissima mossa dall’opposizione, che suggerisce come il governo, e per estensione la polizia, lascerebbe agire consapevolmente i violenti per giustificare una stretta securitaria. Una teoria che ha gettato benzina sul fuoco e provocato una reazione a catena devastante.

La Teoria del Complotto: «Un Disegno Nascosto»?

L’atmosfera era elettrica quando è stato affrontato il tema delle violenze e delle aggressioni contro le forze dell’ordine. La senatrice Simona Malpezzi, rappresentante di una parte dell’opposizione di sinistra, ha lanciato un sasso nello stagno con un’insinuazione che ha gelato lo studio. Secondo lei, la polizia conoscerebbe perfettamente l’identità degli elementi violenti infiltrati nei cortei, ma sceglierebbe di non agire preventivamente.

«C’è un disegno dietro tutto questo», ha lasciato intendere, suggerendo che questi incidenti servano politicamente al governo Meloni demonizzando ogni forma di contestazione. L’argomento è chiaro: lasciando che le immagini di violenza inondino i telegiornali, il potere legittima le sue misure più drastiche, in particolare il controverso DDL Sicurezza 1660.

Per Malpezzi, l’articolo 17 della Costituzione, che garantisce il diritto di riunione pacifica, viene «calpestato ogni giorno». Sostiene che l’immensa maggioranza dei manifestanti sia pacifica e senza armi, e che la focalizzazione sui pochi «imbecilli» armati di bastoni sia una strategia di distrazione.

La Risposta Fulminante di Del Debbio e Caprarica

La reazione non si è fatta attendere. Il giornalista Antonio Caprarica, presente in studio, ha reagito immediatamente con un misto di incredulità e rabbia fredda. Rifiutando l’idea di poter interpretare male le parole della senatrice, ha riassunto la situazione con una brutalità necessaria: «Ci viene detto sostanzialmente che la polizia sa benissimo chi sono questi violenti e non fa un’azione di prevenzione perché fa comodo a qualcuno politicamente».

Per i difensori dell’ordine, questa retorica non è solo falsa, ma pericolosa. Sposta la responsabilità dall’aggressore all’aggredito. Dire che il Ministero dell’Interno orchestri il caos per guadagni elettorali è un’accusa che, senza prove tangibili, assomiglia a una diffamazione istituzionale.

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Del Debbio, fedele al suo stile diretto, ha lasciato trasparire la sua esasperazione. Per lui, vedere poliziotti linciati o attaccati con ordigni artigianali non può ammettere alcuna ambiguità: la condanna deve essere totale. Il «ma» politico che spesso segue la condanna della violenza è percepito come un insulto agli agenti feriti.

Il Grido di Dolore delle Forze dell’Ordine

Il momento più toccante, e forse più rivelatore di questo dibattito, è arrivato con l’intervento del rappresentante sindacale della polizia. Visibilmente al limite, ha spazzato via gli argomenti giuridici e costituzionali della senatrice per tornare alla realtà del terreno.

«Non riuscite a fare una trasmissione dove, di fronte agli attacchi contro la polizia, si denunci semplicemente, senza aggiungere dei ‘ma’?» ha implorato.

Lo scambio ha messo in luce il divario gigantesco tra la teoria politica e la pratica della sicurezza. I poliziotti reclamano strumenti concreti per difendersi e gestire l’ordine pubblico: aree cuscinetto (creazione di distanze di sicurezza), regole chiare per le manifestazioni e, soprattutto, risorse. Il rappresentante ha sottolineato con amarezza che molte richieste fatte dai sindacati di polizia nel quadro del disegno di legge sicurezza sono state rifiutate o ignorate, contraddicendo l’idea che il governo dia loro carta bianca.

Il DDL Sicurezza 1660: La Mela della Discordia

Sullo sfondo di questo scontro si trova il famoso DDL Sicurezza 1660, attualmente in discussione al Senato. Per la sinistra, è uno strumento liberticida destinato a soffocare la contestazione sociale criminalizzando i blocchi stradali e la resistenza passiva. Per la destra e i sindacati di polizia, è un aggiornamento necessario dell’arsenale legislativo di fronte a forme di guerriglia urbana sempre più violente e organizzate.

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L’ironia sollevata durante il dibattito è tagliente: l’opposizione chiede quando il decreto sarà approvato pur combattendolo, mentre la polizia afferma che questo testo, sebbene utile, non contiene nemmeno tutte le tutele che aveva richiesto.

Una Società sull’Orlo della Rottura?

Questo scontro televisivo è sintomatico di un malessere italiano profondo. Da un lato, una parte della società civile che si sente imbavagliata e vede in ogni divisa una minaccia al diritto di espressione. Dall’altro, una maggioranza silenziosa e le forze dell’ordine che si sentono abbandonate di fronte a una violenza di strada che si banalizza sotto la copertura dell’ideologia.

L’argomento della «criminalizzazione del dissenso» brandito da Malpezzi si scontra frontalmente con le immagini dei poliziotti attaccati. Come ha sottolineato Caprarica, nessuno vuole vietare il disaccordo politico. Ma quando il disaccordo si esprime a colpi di sanpietrini, smette di essere un diritto costituzionale per diventare un problema di ordine pubblico.

In conclusione, questo «No Meloni Day» è riuscito in una cosa: chiarire le posizioni. Non c’è più terreno d’intesa. La battaglia per l’opinione pubblica infuria e, come spesso accade, la verità è la prima vittima collaterale della guerra politica. Resta da capire se l’Italia sceglierà la via dell’autorità reclamata dal governo o quella della contestazione permanente predicata dall’opposizione. Una cosa è certa: il decreto 1660 non sarà la fine della storia, ma solo l’inizio di un nuovo capitolo di tensioni.