È il Quirinale che non vuole” - Il Post

Tenetevi forte, perché quello che è appena successo non è una semplice tempesta politica. È un’esplosione nucleare. Antonio Padellaro, uno dei volti storici e più rispettati del giornalismo italiano, ha sferrato un attacco feroce, diretto e senza filtri contro uno degli uomini più potenti delle istituzioni: Ignazio La Russa, il Presidente del Senato.

Il fatto è accaduto in un contesto del tutto inaspettato. Durante un dibattito apparentemente pacato su questioni istituzionali e sullo stato della democrazia italiana, Padellaro ha trasformato il palco in un ring. Ha sferrato un colpo pesante come un macigno a La Russa, che non era nemmeno presente per difendersi.

Tutto è iniziato con una frase che sembrava un appello generale alla riflessione: “Ci rendiamo conto che ci stiamo perdendo tutti quanti?”. Una riflessione apparentemente generica, ma subito dopo Padellaro ha chiarito l’obiettivo: Ignazio La Russa.

Poi, la vera bomba è esplosa. Padellaro ha rivelato quella che sostiene essere l’ambizione segreta del Presidente del Senato. “Voi non ci crederete,” ha detto il giornalista con tono sicuro, “ma posso confermarvelo: La Russa spera davvero di diventare il prossimo Presidente della Repubblica.”

Una rivelazione che ha lasciato la sala senza fiato. Solo questa frase è bastata per accendere un incendio sui social media. Ma Padellaro non si è fermato qui. Ha continuato, sferrando un colpo mortale, un giudizio scioccante sulla personalità del Presidente del Senato.

“La Russa è una ‘macchietta’,” ha dichiarato Padellaro. Non un avversario politico, non un errore della storia. Una “macchietta”. Un personaggio che, secondo il giornalista, ha perso ogni credibilità ma si muove nell’arena politica con “un’arroganza alimentata dal vuoto dell’opposizione”.

Esatto, Padellaro non ha preso di mira solo La Russa. Ha puntato il dito anche contro la sinistra, criticandola aspramente: “L’opposizione non esiste. È impegnata a rincorrere le farfalle sotto l’Arco di Tito.” Una metafora amara, che punta dritto all’incapacità della sinistra di rappresentare un’alternativa seria. È proprio questa debolezza, secondo Padellaro, che ha permesso a figure come La Russa di emergere e coltivare ambizioni impensabili.

Ma la parte più controversa, il cuore dell’attacco, riguarda il passato. Padellaro ha fatto una previsione scioccante. Sostiene che, per costruirsi la legittimità necessaria alla corsa per il Quirinale, La Russa inizierà presto a “proclamarsi antifascista”. E lo farà, ha sottolineato Padellaro, “mentendo, mentendo spudoratamente”.

È un’accusa pesantissima, che scava in una ferita storica dell’Italia. Padellaro pone una domanda spinosa: è giusto chiedere a figure come La Russa (che proviene dal movimento post-fascista MSI) di dichiararsi antifasciste, sapendo che si tratta solo di una forzatura storica? O è arrivato il momento, come suggerisce Padellaro, di batterli sul piano politico, e non su quello simbolico?

La Russa: “Oggi troppo ampi i poteri del Capo dello Stato" - la Repubblica

Il terremoto è iniziato. Le parole di Padellaro stanno rimbalzando ovunque. E, naturalmente, la reazione non si è fatta attendere.

Il giorno dopo il discorso infuocato, le prime pagine e i talk show mattutini erano dominati dall’attacco di Padellaro. Alcuni commentatori l’hanno definito un atto di coraggio, altri un colpo basso. Ma tutti erano d’accordo su una cosa: Padellaro ha scatenato un sisma.

Dall’entourage di La Russa è arrivata una risposta secca, non ufficiale ma durissima. Un collaboratore stretto del Presidente del Senato ha replicato: “Padellaro fa il moralista a giorni alterni. Il suo livore è il segno che la destra sta facendo bene.” Una frase che non smentisce l’ambizione al Quirinale, non difende formalmente, ma si limita a un contrattacco personale.

Ma poi, è stato lo stesso La Russa a rilasciare una dichiarazione scritta, senza alcun tono conciliante. “Il giornalismo da salotto non tollera che un uomo come me occupi ruoli istituzionali,” ha scritto La Russa. “Dovranno farsene una ragione. Non ho bisogno del suo certificato di democraticità.”

La guerra è ufficialmente scoppiata. Padellaro, per nulla intimorito, è tornato sull’argomento in un’intervista, ribadendo: “Ho solo detto la verità. La Russa non è un uomo delle istituzioni. È un nostalgico che si atteggia a garante dello Stato.” E ha concluso con una frase da brividi: “Se finiamo con un ex neofascista sul Colle del Quirinale, allora questa Repubblica è davvero finita.”

Ora, il dibattito ha superato le figure di Padellaro e La Russa. Tocca una questione fondamentale che l’intera Italia sta affrontando: il Paese è pronto ad avere un Capo dello Stato proveniente dall’area post-MSI?

Un ex Presidente della Camera ha gettato altra benzina sul fuoco dichiarando in TV: “Se La Russa sale al Quirinale, sarà la fine simbolica dell’antifascismo come fondamento della nostra Repubblica.”

Lo scontro è ormai totale. Non è più un dibattito di opinioni, è una guerra aperta tra due visioni dell’Italia. Da un lato, un giornalista veterano che denuncia l’ascesa di figure nostalgiche con ambizioni supreme. Dall’altro, una delle più alte cariche dello Stato, che si dipinge come vittima di una crociata ideologica.

In mezzo, c’è un Paese spaccato, stanco e sempre più confuso sul vero significato di parole come “antifascismo”, “democrazia” e “rappresentanza”. La domanda finale resta sospesa, più urgente che mai: se Ignazio La Russa si candidasse davvero al Quirinale, quanti voti otterrebbe e quanti lo fermerebbero? Questa storia, possiamo garantirlo, è tutt’altro che finita.