VERDETTO SU SALIS: “NESSUNA PERSECUZIONE”. Crolla il Mito della Sinistra: la Verità Nascosta sull’Immunità.

Tenetevi forte. Quello che sta emergendo in queste ore non è solo una notizia, è un terremoto. È il crollo di una narrazione costruita con cura, il collasso di un’icona eretta a tempo di record e, soprattutto, è l’esplosione della verità in faccia a un intero sistema politico e mediatico che ha creduto di poterla insabbiare. Parliamo di Ilaria Salis. Ma non della Salis “martire”, non della “perseguitata politica”, non del simbolo della “lotta al fascismo” che ci hanno voluto vendere. Parliamo della Salis come la descrive, nero su bianco, un report implacabile proveniente dal cuore di quell’Europa che avrebbe dovuto proteggerla.
Per mesi, la sinistra italiana ha giocato la sua partita più spregiudicata. Ha preso una donna imputata in Ungheria per reati gravissimi – parliamo di lesioni e appartenenza a un gruppo radicale noto per la sua brutalità, la “banda del martello” – e l’ha trasformata in un santino. L’hanno candidata, l’hanno fatta eleggere al Parlamento Europeo, e hanno usato il suo scranno come scudo umano contro la giustizia. Hanno gridato al “fumus persecutionis”, all’accanimento politico, a un processo-farsa orchestrato da un governo, quello ungherese, da sempre nel loro mirino.
Ma ora, il castello di carte sta crollando. E a demolirlo non è un “cattivista” di destra, non è un avversario politico italiano. È l’Europa stessa. La notizia, che in molti stanno cercando di attutire, è una bomba. Il relatore del caso Salis all’Europarlamento, l’onorevole Vasquez Lazara del Partito Popolare Europeo, ha messo nero su bianco ciò che la sinistra ha sempre negato con tutte le sue forze.
Il punto centrale, chiaro e inequivocabile, è questo: il reato per cui Ilaria Salis è imputata è avvenuto “ben prima della sua candidatura alle europee”. Cosa significa questo, in termini legali e politici? È semplice. Significa che non c’è alcun “fumus persecutionis”. Non c’è stato nessun accanimento politico, nessuna montatura giudiziaria creata ad arte per colpire una futura eurodeputata. C’è un’accusa per fatti ben precisi, violenza reale, lesioni gravi, avvenuti prima che la politica entrasse in gioco.
La candidatura, quindi, non è stata un atto di resistenza. È stata, come emerge da questa analisi, un “ignobile escamotage”. Un tentativo disperato e calcolato di “sfuggire alla giustizia”. L’obiettivo non era portare una battaglia politica a Bruxelles; l’obiettivo era blindarsi dietro lo scudo dell’immunità parlamentare europea per evitare un processo in Ungheria.
Questo è il cuore della questione. Non stiamo parlando di libertà d’espressione. Non stiamo discutendo di legittimo dissenso. Stiamo parlando, secondo le accuse, di violenza fisica, di un martello usato contro altre persone. E di fronte a questo, la sinistra cosa ha fatto? Ha urlato al golpe? Ha gridato al fascismo? Ha parlato di processo politico? Sì, ha fatto tutto questo. Una recita trita e ritrita che, stavolta, non regge più.
La vera domanda, quella che svela l’ipocrisia di fondo di tutto questo sistema, è una sola: cosa sarebbe successo se al posto di Ilaria Salis ci fosse stato un esponente di destra? Immaginate per un istante uno scenario identico: un militante di estrema destra accusato di aver picchiato selvaggiamente un avversario politico, di far parte di una “banda” violenta. Se quest’uomo, per sfuggire al processo, fosse stato candidato al Parlamento Europeo, cosa avrebbe fatto la sinistra?
La risposta la conosciamo tutti. Avrebbero chiesto la gogna mediatica. Sarebbero partite le fiaccolate, gli speciali televisivi, le mobilitazioni indignate. Avrebbero parlato, giustamente, di un attacco alla democrazia, di un tentativo di usare le istituzioni per proteggere un violento.
Ma per Ilaria Salis, no. Per lei il metro cambia. Per lei, tutto viene filtrato attraverso la lente dell’appartenenza ideologica. Questo è il vero scandalo: un sistema ipocrita che finge di difendere i diritti, ma lo fa solo per i suoi. È il sistema dei “doppi standard”. Se sei dalla parte giusta, se appartieni al “campo giusto”, puoi anche essere accusato di usare un martello contro la testa di un passante; loro non ti processeranno, ti faranno eurodeputata. Ti trasformeranno in un simbolo, in una martire.
Il titolo che circola in queste ore, “Martelli e privilegi”, è la sintesi perfetta di questa vicenda. La giustizia è stata messa da parte per far spazio a un privilegio ideologico. Ma ora la giustizia, quella vera, bussa alla porta. E bussa da Bruxelles.
L’Europa, per una volta, ha fatto ciò che doveva fare. Ha guardato ai fatti, non alla propaganda. Ha messo da parte la mistificazione ideologica e ha ricordato un principio fondamentale che la sinistra sembra aver dimenticato: la legge è uguale per tutti. Non esistono supereroi ideologici al di sopra delle regole.
Il caso Salis è un campanello d’allarme devastante. Ci dimostra che dietro certi altisonanti proclami di “libertà” e “diritti” si nasconde, troppo spesso, una squallida voglia di impunità. Ci dimostra che certe battaglie non vengono combattute per la giustizia, ma per tutelare un’ideologia che si crede superiore alle leggi comuni.
La sinistra, ora, continua a difendere l’indifendibile. Si trincera dietro slogan vuoti, lancia campagne social, tratta l’intera vicenda come un grande show mediatico. Ma la verità non si cancella con una didascalia su Instagram. Il popolo non è cieco. La gente vede le manovre, i tentativi di insabbiare, le difese ridicole. Vede l’arroganza di chi crede di poter riscrivere le regole a proprio uso e consumo.
E alla fine, sarà proprio questa arroganza a far crollare tutto. Perché la giustizia non è un paravento che si può tirare a piacimento. È una bilancia. E quando si cerca di alterarla con la forza per biechi fini politici, prima o poi, inevitabilmente, il contraccolpo arriva. E fa malissimo. L’Europa ha parlato. Ora tocca all’Italia dimostrare di avere la schiena dritta. Senza scuse, senza bandiere, senza privilegi. Solo giustizia.
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