L’IRA DELLA PREMIER: Meloni Gela la Baldino in Parlamento. “Il Cambiamento Fa Paura Solo a Chi Non è all’Altezza”.

Riarmo UE, Baldino: I governi Conte hanno diminuito le spese | LA7

Signore e signori, quello a cui abbiamo assistito oggi alla Camera dei Deputati non è stato un semplice dibattito. È stato uno di quei rari momenti di rottura, uno scontro frontale che ridefinisce le gerarchie, un duello verbale così teso da entrare di prepotenza negli annali della storia parlamentare. L’aula di Montecitorio si è trasformata in un’arena, la tensione si tagliava col coltello, e il silenzio che è seguito alla stoccata finale era più rumoroso di qualsiasi applauso.

Le protagoniste di questo terremoto politico? Da un lato, la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Dall’altro, la combattiva deputata del Movimento 5 Stelle, Vittoria Baldino. Due donne, due leader, due visioni del paese non solo opposte, ma totalmente inconciliabili.

Tutto è iniziato in modo quasi ordinario, durante una discussione sulle politiche migratorie. Ma l’ordinario è durato poco. Vittoria Baldino ha preso la parola e il suo non è stato un intervento, è stato un atto d’accusa. Con il tono tagliente e lo sguardo fisso sulla premier, ha lanciato la sua sfida. Ha accusato frontalmente il governo di raccontare “favole” agli italiani, di nascondere un “fallimento evidente” dietro una coltre di “propaganda”. Le sue parole erano studiate per ferire: “Signora Presidente, ha preso impegni solenni con il paese, ma ad oggi vediamo solo slogan e nessuna soluzione concreta. Gli italiani non hanno bisogno di teatrini, ma di risposte”.

L’aula è esplosa. Mormorii, brusii, applausi dai banchi dell’opposizione. La trappola era tesa. La Baldino aveva gettato il guanto di sfida, cercando di dipingere la Meloni come una venditrice di fumo, una “storyteller” incapace di governare.

E poi, la risposta. La vera scossa. Giorgia Meloni si è alzata. Con calma. Ha sistemato i fogli. Ha guardato dritto davanti a sé, non l’avversaria, ma l’aula. Il suo tono era fermo, controllato, ma il contenuto delle sue parole è stato un colpo diretto, uno schiaffo verbale che ha gelato l’emiciclo. “Onorevole Baldino,” ha esordito, e già da quel tono si è capito che non ci sarebbe stata pietà, “da lei non accetto lezioni. Non accetto che chi ha sostenuto governi fallimentari venga a farci la morale”.

Boom. La premier non ha solo respinto l’accusa, l’ha ribaltata. Ha tracciato una linea netta tra il “noi” e il “voi”. “Voi siete quelli che hanno promesso redditi e miracoli e avete lasciato un paese in ginocchio. Il nostro governo, invece, si sta sporcando le mani per cambiare davvero le cose”.

L'intervento del Presidente Giorgia Meloni alla 41ª Assemblea annuale Anci

Questo non era più un dibattito, era diventato uno scontro sulla legittimità. La Baldino, però, non è arretrata. Ha ripreso la parola, rincarando la dose. Ha accusato il governo di essere sordo, chiuso in un “castello dorato” mentre “là fuori le famiglie non riescono a pagare le bollette” e “il Sud viene abbandonato”. È stato allora che ha tentato il colpo politicamente più astuto, accusando la Meloni di una schizofrenia politica: “Lei parla come se fosse ancora all’opposizione! Ma ora è al governo, e il governo deve rispondere, non lamentarsi”.

Era un’accusa pesante, quella che spesso la stampa rimprovera alla premier. Per un attimo, l’aula ha trattenuto il fiato. La Baldino aveva segnato un punto.

Ma Meloni non era lì per giocare in difesa. Ha ripreso la parola, e quella che è seguita è stata un’autentica demolizione politica. Ha preso l’accusa della Baldino e l’ha disintegrata. “Onorevole Baldino,” ha detto, e il suo tono era diventato glaciale, “lei fa un elenco di disastri che non sono altro che l’eredità lasciata da chi ci ha preceduto. Noi non governiamo da 10 anni. Noi siamo qui da poco più di uno, e in questo tempo abbiamo fatto più noi per il paese di quanto abbiate fatto voi in due legislature”.

L’aula della maggioranza è esplosa in un applauso. Ma il colpo del KO doveva ancora arrivare. Meloni ha puntato il dito contro il cuore del fallimento pentastellato. “Lei parla di povertà. Ma dov’era il Movimento 5 Stelle quando la crisi energetica mordeva famiglie e imprese? Dove eravate quando si trattava di scegliere tra ideologia e buon senso?”. Ha fatto una pausa, lasciando che la domanda rimbombasse. E poi, l’affondo: “Noi abbiamo messo i soldi nelle bollette. Voi nei bonus a pioggia, che hanno drogato l’economia e illuso milioni di italiani”.

Un silenzio tombale è sceso sull’opposizione. Era un colpo da maestro. La premier non solo aveva difeso il suo operato, ma aveva identificato il peccato originale dei suoi avversari, la loro più grande debolezza, e l’aveva usata per annichilirli in pubblico.

La tensione era ormai alle stelle, si è sfiorata la rissa verbale. La Baldino, sentendosi messa all’angolo, ha tentato un ultimo, disperato attacco. Si è alzata in piedi e ha gridato, perché ormai si gridava: “Siete la destra del passato! Quella che divide, che impone, che marginalizza!”.

Era l’ultimo rantolo di un’offensiva fallita. E Giorgia Meloni, come un predatore che ha fiutato il sangue, si è preparata per la stoccata definitiva. Si è alzata, lo sguardo fisso sulla deputata M5S, e con una calma che contrastava con il caos dell’aula, ha pronunciato la frase destinata a rimanere scolpita in questa legislatura. “Se pensate,” ha detto, e la sua voce era una lama di ghiaccio, “che con l’odio e la rabbia possiate costruire un’alternativa, allora avete già perso. Gli italiani hanno scelto, e continueranno a scegliere chi lavora, non chi urla”.

Un applauso fragoroso della maggioranza ha seppellito le proteste. Ma non era finita. Meloni l’ha guardata negli occhi un’ultima volta e ha chiuso la partita: “Lei parla di passato, ma siete voi a vivere di slogan usurati. Noi stiamo cambiando l’Italia giorno dopo giorno. E il cambiamento, onorevole Baldino, fa paura solo a chi non è all’altezza”.

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Questa è stata più di una vittoria politica. È stata un’umiliazione. Meloni non ha solo risposto alle accuse, ha smontato l’intera impalcatura morale e politica dell’avversario. Ha ridefinito la narrativa: non è lei il “passato”, sono loro. Non è lei che “urla”, sono loro. Non è lei che ha “paura”, sono loro.

Questo scontro ha fatto il giro del web in pochi minuti, un terremoto politico ed emotivo. Meloni ne esce rafforzata, proiettando un’immagine di padronanza, lucidità e spietatezza politica. La Baldino, pur combattiva, è stata respinta al mittente, incasellata nel ruolo della “urlatrice” che si agita di fronte al “cambiamento”. La battaglia in Parlamento si è conclusa, ma questa guerra politica è appena entrata in una nuova, brutale fase. E oggi, la premier ha dimostrato chi è che comanda.