CAOS IN STUDIO: Del Debbio Caccia Prodi in Diretta. L’Insulto Sessista a Meloni Scatena la Furia del Conduttore. “VIGLIACCATA SCHIFOSA!”

Atreju, Giorgia Meloni: “Prodi mi critica? Brindo” - La Stampa

Le luci dello studio non erano quelle calde di un salotto televisivo. Erano fari freddi, ostili, quasi chirurgici. Sbiancavano i volti, esasperavano le ombre, e creavano un’atmosfera di tensione così densa che si poteva quasi toccare. Al centro della scena, sedevano i due duellanti, l’alfa e l’omega della politica italiana: Romano Prodi e Giorgia Meloni.

Prodi, appoggiato allo schienale con una placidità studiata, quasi irritante, incarnava il “padre nobile”, l’establishment. La sua era l’aura di bonomia e saggezza pacata di chi è venuto a spiegare come gira il mondo. Ma sotto quella superficie, i suoi occhi vigili tradivano un’infinita e radicata supponenza.

All’opposto, Giorgia Meloni. Non era seduta, era in agguato. Un fascio di nervi tenuto insieme da una volontà di ferro, il tailleur nero come un’uniforme da combattimento. Le sue mani stringevano una penna con cui non scriveva, ma cancellava. Tirava linee nere e furiose su un foglio, un gesto di annullamento, quasi un rito voodoo.

A capotavola, Paolo Del Debbio, che percepiva la tempesta in arrivo. Ha tentato di iniziare con deferenza. “Professor Prodi,” ha esordito, “lei è un pezzo di storia. Che giudizio dà dell’escalation verbale, come l’epiteto ‘cortigiana’ di Landini verso la premier?”

Prodi ha accolto la domanda con un sospiro teatrale, quello dell’adulto costretto a spiegare l’ovvio. Con la sua cadenza strascicata, ha sminuito l’episodio. “Lasciamo stare le parole dettate dalla foga,” ha detto. Poi, lentamente, ha spostato lo sguardo su Meloni, che continuava a torturare il suo foglio. “Vedo che la Presidente del Consiglio,” ha continuato, con una nota di paternalistica commiserazione, “ha scelto ancora una volta la strada del vittimismo. Ha usato l’insulto come uno scudo, una cortina fumogena per non parlare dei problemi veri.”

Il primo colpo era andato a segno. Elegante, avvelenato. Prodi l’ha dipinta come una ragazzina permalosa, inadeguata al gioco dei grandi. “Si naviga a vista,” ha sentenziato. “L’Italia ha bisogno di statisti, non di influencer che trasformano ogni critica in un’aggressione personale.”

Nello studio è calato un silenzio pesante. Meloni ha appoggiato la penna. Il piccolo click della plastica sul legno è risuonato come un colpo di pistola. Ha alzato il viso. Per la prima volta, lo ha guardato dritto negli occhi. “Professore,” ha esordito, la voce bassa, carica di un’ironia tagliente. “Ha dispensato la sua lezione?”

Prodi ha avuto un attimo di smarrimento, ma Meloni non gli ha dato il tempo di riprendersi. “Ho ascoltato le sue dotte parole: vittimismo, influencer… un bel quadretto. Ma c’è un errore nella sua diagnosi.” Si è sporta in avanti. “Io non faccio la vittima, professore. Io sono un bersaglio. Sono il bersaglio vivente di un intero sistema di potere, di cui lei è stato uno dei massimi architetti, che non si rassegna al fatto che il popolo abbia scelto qualcuno che non appartiene al vostro club esclusivo.”

“Una cortigiana”. Giorgia Meloni insultata così sotto gli occhi di Floris:  caos totale in studio - ArtesTV | Giornale

Poi, è passata all’attacco sulla sua “visione”. “La sua visione l’abbiamo conosciuta fin troppo bene, professore. Era quella favola meravigliosa dell’Euro. Se lo ricorda cosa dicevate? Peccato che al risveglio gli italiani si siano ritrovati dentro una macelleria sociale.” Il tono di Meloni era diventato una martellata. “La sua visione è costata la distruzione del potere d’acquisto, la svendita dei nostri gioielli di famiglia. La sua visione sono le vite sbriciolate di milioni di italiani. Dov’era la sua visione quando ci avete infilato in quella gabbia?”

Prodi, sbiancato, ha tentato di balbettare: “Ma questo è populismo…”.

Ma Meloni non aveva finito. Era pronta per l’attacco personale. “E mi parla di aggressività? Proprio lei? Professore, la memoria non mi fa difetto. Io mi ricordo di un grande statista, un uomo mite, che infastidito… allunga le mani e tira i capelli a una giornalista. A una donna.”

La bomba atomica era esplosa. Un gelo polare è calato sullo studio. Del Debbio aveva gli occhi sgranati. Prodi era impietrito. “Questo è fango! È una volgarità intollerabile!” è riuscito a dire.

“Volgarità?” ha ribattuto Meloni, implacabile. “No, professore. La volgarità è predicare la pace e poi usare la violenza. Quella si chiama cronaca, ed è la fotografia perfetta della sua pacatezza.”

Del Debbio, in panico, ha cercato di dare un’ultima battuta a Prodi sulla politica estera. L’ex premier, nel disperato tentativo di risalire in cattedra, si è aggrappato all’ancora. Ignorando l’attacco, ha provato a riacquistare la sua postura accademica. “Al di là di queste bassezze,” ha detto, la voce ancora tremante, “il vero dramma è la postura internazionale di questo governo. Se dovessi usare una parola… userei la parola ‘ubbidiente’. È l’ubbidienza al mondo sovranista di Donald Trump. Lei non è autonoma, lei è una…” Ha cercato la parola più umiliante, più letale. “È una sottona di Trump.”

L’insulto volgare ha colpito. Meloni è scattata: “Come si permette! Si sciacqui la bocca! Io non sono la sottona di nessuno!”.

Era la reazione che Prodi aspettava. La trappola era scattata. Un ghigno velenoso gli è comparso sul volto. Assaporando il momento, si è sporto verso di lei. La sua voce era un sibilo. “Ah sì? Fa tutto di testa sua? Allora ha ragione Landini con quello che ha detto.”

Non ha detto la parola. Non ne aveva bisogno. L’allusione a “cortigiana” era chiara, devastante, sessista. Era il punto di non ritorno.

Ma il massacro non è stato quello che Prodi si aspettava. Paolo Del Debbio è esploso. Non è stata un’arrabbiatura televisiva. È stata un’eruzione. Il suo volto è diventato paonazzo, si è alzato in piedi di scatto, la sua stazza imponente che dominava la scena. “NO! NO! NO! PROFESSORE, FERMI TUTTI!” ha sbraitato, puntando un dito tremante contro un Prodi allibito. “Questo no! A casa mia no! Lei ha fatto una vigliaccata! Una vigliaccata schifosa e sessista da bar! Ma si vergogni!”

Prodi balbettava: “Ma io non ho detto nulla…”.

“LEI UN CORNO!” lo ha travolto Del Debbio, ormai fuori controllo. “Regia! Togliete il microfono a questo signore! Subito!”. Un tecnico si è precipitato. “Io qui le allusioni schifose e sessiste non le voglio! Le va a fare a casa sua! E adesso lei esce! FUORI! Fuori dal mio studio! SICUREZZA!”

Due uomini della sicurezza sono entrati in campo. Prodi, umiliato, sconfitto, vedendo che non c’era più nulla da fare, si è alzato. Ha gettato un’occhiata carica d’odio a Del Debbio, poi a Meloni. Infine, scortato, si è avviato verso l’uscita, inghiottito dal buio del backstage.

L’espulsione era avvenuta. Il KO più umiliante.

Nello studio è calato un silenzio irreale. Giorgia Meloni, rimasta sola, spettatrice impassibile dell’epurazione, si è ricomposta. Con una calma glaciale, si è rivolta alla telecamera per il suo monologo finale, un’orazione funebre per i suoi avversari.

“Il professore ha usato la parola ‘ubbidiente’,” ha ripreso, “e ha ragione. Io sono terribilmente ubbidiente. Ma la mia ubbidienza non è verso i burocrati di Bruxelles o i salotti finanziari. La mia ubbidienza è verso una cosa sola: il popolo italiano. Io ubbidisco a chi mi ha votato.”

Si è alzata in piedi, generale sul campo di battaglia. “Quello a cui avete assistito non è un incidente. È il loro metodo. Quando non hanno più argomenti, cosa gli resta? Gli resta il fango. Gli resta l’insulto sessista. Perché colpire una donna sulla sua natura è l’ultima vigliacca risorsa di chi è stato sconfitto e non lo accetta.”

Giorgia Meloni finisce sulla copertina del Time

Ha guardato dritto in camera. “Più mi aggrediscono su questo piano, più mi dimostrano di essere terrorizzati. E la loro paura è la mia bussola. Mi dice che sto facendo le cose giuste.”

Infine, il colpo di grazia. “Quell’urlo che ha cacciato il professore da questo studio,” ha sussurrato, “non era la voce di Paolo Del Debbio. Era l’urlo di milioni di italiani. Era la voce dell’Italia per bene, stufa marcia della vostra arroganza. Stasera, cacciandolo, non lo ha fatto un conduttore. È stata un’intera nazione che ha perso la pazienza e vi ha sbattuto, finalmente, la porta in faccia.” Ha vinto. Li ha sepolti.